Apple ha finalmente presentato i tanto attesi Macbook Pro da 14 e 16 pollici basati su chip Apple Silicon, sviluppati a partire dalla stessa architettura super efficiente utilizzata negli iPhone. L’enorme margine di profitto nel settore dei telefoni ha portato ad una tale mole di investimenti nei chip serie “A”, che utilizzano al loro centro core ARM confezionati in un pacchetto di tecnologie proprietarie a livello di core grafici e acceleratori, da permetter loro di raggiungere prestazioni paragonabili a chip intel che consumano 4 o 5 volte tanto (complice anche la ridicola stagnazione di intel che nel frattempo si è fatta doppiare anche dalla minuscola AMD). Scalando questi chip a dimensioni di laptop, abbiamo di fronte macchine portatili che con una manciata di watt ottengono i risultati di i9 desktop.
Il punto di partenza
A fine 2020 è stato presentato il chip M1 per portatili da 13 pollici Air/Pro e MacMini con consumi talmente ridotti da rendere la ventola del Pro inutile, con prezzi incredibilmente concorrenziali rispetto alla precedente gamma Apple, tanto da renderli competitivi anche con l’agguerritissimo mercato dei portatili PC X86 sopratutto tenendo in considerazione l’incredibile autonomia e fluidità. Consiglio di leggere il mio precedente articolo con alcune considerazioni su questi prodotti.
Il Macbook Air M1 è una macchina sbilanciata dal lato prestazioni CPU; con 4 core ad alte performance e 4 efficienti riesce a tener testa agli i9 mobile ma è accompagnato da una GPU equivalente ad una entry level (comunque impressionante per un ultraportatile) e un massimo di 16 gb di ram (tra l’altro venduti a carissimo prezzo come upgrade). Questo la rende in effetti una macchina ideale per uso audio ed incredibilmente longeva per qualsiasi uso “generico”, e la presenza di acceleratori dedicati molto efficienti anche al montaggio video se non si esagera con la dimensione dei progetti e ci si attiene a quello che la macchina supporta con decoding accelerato. Rimane limitato la selezione di schermo da soli 13 pollici, e supporto ad un singolo schermo esterno.
Messo in chiaro il “pacchetto” offerto da questa baseline che parte da 1159 euro sul mercato, l’attesa per il prodotto atto a sostituire il Pro da 16 pollici, formato più appetibile per poter sfruttare tutta la potenza delle nuove CPU in ambito creativo, era stata fomentata anche dai vari rumors poi confermati relativi al ritorno delle porte HDMI e slot SD card, apprezzatissime per evitare la necessità di una pletora di dongle.
La nuova fascia alta
Nei nuovi arrivati M1 Pro/Max, lato CPU abbiamo fino a 8 performance core ma solo 2 efficiency – un totale che passa dagli 8 ai 10. È la GPU invece a beneficiare raddoppio di core nella versione base (14 contro 7) e godere di una banda che passa dai precedenti 68gb/s a 200gb/s nella versione Pro e 400gb/s nella versione Max (dove i core carrivano fino a 32); è qui dove i nuovi chip mostrano un incredibile salto in avanti, permettendo prestazioni degne delle consolle della generazione attuale, a livello di GPU PC di fascia altissima. Si aggiungono inoltre encoder/decoder HW dedicati per formato video ProRes che rendono possibile il playback e codifica di questi formati in tempo reale senza pesare sul processore centrale, feature fondamentale e rivoluzionaria per editing video.
Ora che abbiamo dettagli tecnici sulle nuove macchine, voglio farne un analisi dalla mia personale prospettiva, esponendo i miei dubbi e cercando di aiutarvi nell’eventuale scelta o meno della macchina.
I nuovi macbook pro migliorano drasticamente le prestazioni in tutti i campi dove è centrale la GPU, sopratutto video editing ma anche animazione 3D o gaming (quando arriveranno titoli sviluppati appositamente). Non c’è dubbio che per questo tipo di utilizzo, il balzo di performance sia assolutamente giustificabile, grazie agli encoder/decoder dedicati, la banda passante immensa e il gran numero di core GPU – essendo quest’ultimo il parametro meno importante, consiglio fortemente di fare l’upgrade alla versione 24 core che offre comunque la banda passante e il numero di encoder decoder massimi ma di lasciare l’eventuale upgrade a 32 core come ultimissima opzione di spesa. Puntare invece prima di su RAM e – se pensate di riuscire a lavorare i vostri file interamente all’interno – sulla dimensione dell’SSD
Ecco come configurerei idealmente una macchina a questo scopo, che si troverà ad avere una reattività e fluidità di lavoro migliori di una workstation fissa PC per editing di pari prezzo, vincendo spesso anche in export sopratutto se usate ProRes, e ovviamente ridicolizzando qualsiasi precedente HW Apple a partire dagli orribili Mac Pro 2019
In ambito audio invece, ritengo queste macchine molto meno interessanti rispetto al “misero” Air M1.
Il concetto principale che vorrei portare all’attenzione è il seguente: una macchina senza difetti vi obbliga a pagare per quello che non serve.
Per quanto possa sembrare fatalista e secondario come problema, la mia esperienza di lavoro mi fa prima di tutto riflettere sul costo dei ricambi dello schermo. Trattandosi di un componente unico per questi computer, il solo possibile fornitore del ricambio è Apple e vista la tecnologia impiegata si immagina che possano costare circa 1000 euro – sempre che vengano resi disponibili. Per capire meglio il problema, su qualsiasi macbook retina fino al 2017 è oramai assolutamente antieconomico cambiare lo schermo, ad esempio per un early 2013 da 15 si parla di circa 400 euro minimo, per i modelli 2016 e 2017 siamo sui 600. Questa situazione ridicola rende queste macchine ancora capaci praticamente obbligate a lavorare come mac mini per il resto della loro carriera.
In secondo luogo, pensando alle prestazioni in termini di CPU, potremmo esser portati a pensare che il raddoppio dei “performance core” si traduca in miglioramenti immediati di prestazioni; in realtà in molti ambiti come ad esempio quello audio questa configurazione non sarà tanto superiore a quella dell’M1 base nell’uso reale, dove il carico tra i vari core è spesso molto sbilanciato, con un thread “principale” al limite delle prestazioni single core che fa da traino a tanti altri di inferiore e varia pesantezza.
Chiunque abbia mai aperto un meter di CPU durante elaborazione audio ha presente questa disposizione “ad albero”.
L’editing audio, nel mondo reale – progetti veri con bus, sidechain e traccie di diverso peso e non benchmark che ripetono copie infinite della stessa – causa quasi sempre un carico estremamente sbilanciato tra i vari core; è per questo che un architettura big.LITTLE (con core di diverse prestazioni, dove i core lenti sono anche più piccoli perdendo quindi molto in IPC ma guadagnando relativamente in latenze) se accompagnata da un sistema operativo e programmi in grado di indicizzarli correttamente è perfetta allo scopo.
L’aggiunta di 4 core ad alte prestazioni sarà quindi molto poco importante anche perchè corrisponde alla rimozione di 2 core efficienza. Dai test sempre esaurienti di Anandtech la nuova incarnazione di M1 a causa del chip più grande sconta anche in un leggero aumento delle latenze, e la banda passante maggiore oltre ad esser inutile per audio non risulta nemmeno tutta accessibile alla CPU.